La scienza ha un bisogno viscerale dell’arte, e viceversa.
Tante, troppe informazioni anche fondamentali da parte della scienza – sia nell’ambito della salute, sia la sua correlazione con tutto ciò che riguarda la crisi climatica, la deforestazione, l’inquinamento e le catastrofi ambientali – arrivano piene di sapere, ma fini a sè stesse, sterili… non germogliano nel cuore delle persone, perché a quelle informazioni manca il canale dell’empatia.
La scienza troppo spesso non racconta una storia, ma fa liste, condivide dati e, nonostante siano sacrosanti, non interessano, perché non coinvolgono.
Le persone non Credono a nulla, se non lo sentono con il cuore. Se non lo vivono.
Senza empatia non si cambia, non si procede.
Perché il cambiamento che richiede la scienza spaventa troppo, è un ordine freddo, una chiamata alle armi alla quale si preferisce la sicurezza vuota e senza futuro del “si è sempre fatto così” perché l’azione suona come una privazione, un sacrificio troppo alto.
E questo perché abbiamo perso il forte legame, o meglio, la natura comune tra il corpo e lo spirito, tra la scienza e l’arte, tra la materia e l’immaginale, per citare Jung, Corbin, Hillman, o Grof.
Una erige muri all’altra, l’arte ha imparato a diffidare dalla freddezza scientifica, la scienza ha confinato a passatempo e distrazione frivola ciò che non può essere calcolato e provato con i suoi strumenti (limitanti).
Ecco, è davvero tempo di creare ponti e commistioni tra scienza e spiritualità, tra empatia e informazioni, tra arte e ricerca, tra materiale ed immaginale.
Sento più che mai che l’arte sia il canale che va diretto al cuore, senza tramiti, facendo vivere, riconoscere, fare esperienza delle emozioni, renderle reali e vive… e che sia proprio questa la chiave per rendersi conto di ciò che accade, soprattutto in questo periodo: sentirlo proprio e non estraneo, sentirsene parte, coinvolti, e non spettatori annoiati.
L’arte apre un varco fertile, nel quale qualsiasi informazione amorevole da parte della scienza del cambiamento può essere filtrata, sentita, vissuta.
Perché la verità è che la medicina (come la scienza in generale) è essa stessa arte, un’arte di ascolto, di interpretazione, di connessione, di errori, di osservazione, di unione, e non di esclusiva parcellizzazione e scomposizione come siamo abituati a considerarla.
Dobbiamo solo ricordarci delle sue reali origini per viverne l’efficacia nel cambiamento amorevole verso di noi, e verso il pianeta che ci ospita.
Poiché senza l’arte musicale dell’ascolto e del sentire, senza orecchio e senza cuore, nessuna rivoluzione potrà mai avvenire.