Quando ti trovi completamente immers* nella natura, cominci a percepire una sensazione nuova, un vero e proprio sesto senso.
Hai presente quando i nostri coinquilini animali non umani, nonostante siano abituati a stare in casa e ad una vita di prevalente cattività, appena capitano in uno spazio naturale ritrovano un istinto quasi assoluto ed istantaneo?
Si connettono all’ambiente, riconoscono erbe e fiori, sanno cosa è curativo e divertente per loro nonostante non abbiano mai fatto esperienze pregresse.
E così noi.
La visione si allarga e si acutizza, ti accorgi del piccolo e dell’immenso, respiri curiosità, stupore e voglia di esplorare, scopri i tuoi presunti limiti confrontandoti con il Vero, meravigliandoti ad esclamare “ma davvero sono riuscit* a fare/vivere/pensare questo?”.
Ecco, è quel senso che ti fa connettere alla consapevolezza interiore che non sei nella Natura, tu SEI la Natura.
E tutto questo fa rivalutare le scale di importanza che abbiamo nel quotidiano, rendendoci conto dell’abisso che oramai intercorre tra le due parole “normale” e “naturale”, usate spesso come sinonimi ed invece quasi antitesi nella società odierna.
Fino a quando saremo dispost* a lasciare che la cattività sia la “normalità” della nostra vita, dimenticandoci ciclicamente di quelle sensazioni (vere, ancestrali) che proviamo immers* nella natura rigogliosa?
Fino a quando sopporteremo questa separazione meccanica, e sterile, dalla nostra natura selvaggia? Fino a quando ci scinderemo dalla vita del Pianeta, cercando la gioia di vivere allontanandoci dalla fonte della vita stessa?
Il percorso verso la propria natura non è lineare, né uguale a quello di altr*. Ma è necessario porsi queste domande per destabilizzare abitudini tossiche.
Uscire dalla gabbia, riabituandosi grazie alle esperienze nella Natura al nostro sé selvaggio, anche a piccole dosi, proprio come un divezzamento, può persino terrorizzare… ma la libertà è tutta un’altra storia.
Anzi, è tutta un’altra Vita.